L'Associazione Scarlatti porta Schoenberg a castel Sant'Elmo.
La stagione concertistica dell’Associazione A. Scarlatti ha proposto un concerto di grande interesse artistico: l’ensemble In Canto, per la direzione del bravo Fabio Maestri, ha eseguito un concerto “antologico” di vari brani meno noti di A. Schoenberg, pezzi di vario genere destinati soprattutto ad un pubblico di diversa estrazione legato al genere del cabaret e dell’operetta. È noto che il maestro austriaco, considerato uno dei padri della musica atonale, nei primi anni d’attività di musicista dovette adattarsi ai vari aspetti della professione di compositore, arrangiando quindi pezzi noti e meno noti, su richiesta delle compagini di teatranti. A tal proposito, sicuramente fra i brani eseguiti fa gran meraviglia ascoltare la nota canzone napoletana “Funiculì Funiculà” di Denza , adattato per piccolo organico strumentale. La trascrizione, pur nella sua semplicità, rivela la grande maestria di orchestratore dell’ideatore del linguaggio dodecafonico. Di grande fascino ed eleganza compositiva risultano i Brettel Lieder con cui si è aperta la serata, scritti nel 1901 ed eseguiti al piano da Silvia Paparelli e dal soprano Alda Caiello. I lieder sfilano uno dopo l’altro con grande fluidità, scritti in uno stile ricco armonicamente ma molto diretto e gradevole ed interpretati con grande bravura dalla Caiello. Seguono altre trascrizioni, tra cui un brano di F. Schubert ed il curioso e suggestivo Die eiserne Brigade che sembra rievocare ai nostri occhi, più che all’udito, tante scene e personaggi della pittura espressionista di inizio Novecento.
Il concerto diviso in due parti ha poi avuto la sua logica conclusione con un brano atonale scritto in stile dodecafonico nel 1942, ovvero la celebre Ode a Napoleone Bonaparte su testo di Lord Byron, vero messaggio di denuncia all’oppressivo regime hitleriano. L’Ode resta un grande capolavoro del novecento musicale e forse uno dei brani meglio riusciti del linguaggio dodecafonico. Il serialismo pur perseguito con severità strutturale riesce a compiere il miracolo di dare grande enfasi ed assecondare il testo di Byron, amplificandone il senso, allargando le sue volute fonetiche come una grande cattedrale di suoni, una densa struttura fatta di suoni musicali e parole che sembrano fondersi col susseguirsi degli artifici dodecafonici. Sull’uso stesso della voce recitante in Schoenberg molto ci sarebbe da scrivere e sicuramente va notato in questa sede che la sua attenzione a mensurare il “parlato” se pone grossi limiti recitativi all’attore (non ultimo il fatto che deve saper leggere la musica), permette al discorso contrappuntistico di arricchirsi di una nuova voce che interagisce con gli strumenti e con il testo, soprattutto in termini musicali. Alda Caiello riesce molto bene nella prova di confrontarsi col difficile brano dodecafonico, in particolare non manca di esibire tutta la sua grande capacità espressiva, eppure la complessità della struttura e l’uso di una scrittura per gli archi molto elaborata e ricca di dinamiche richiederebbe una voce più potente proprio in termini di sonorità.
Il pubblico applaude con grande trasporto proprio dopo l’esecuzione dell’ode, il pezzo più moderno eppure più fortemente sentito da tutti che colgono l’impegno e la bravura dei musicisti, chiedendo un bis. Grande merito va all’Associazione Scarlatti per aver deciso di riproporre un brano di tale fondamentale importanza nella storia della musica in generale ed in particolare per l’evoluzione delle avanguardie del novecento, eppure, come altri classici del nostro tempo, ancora così poco eseguito in Italia.